A distanza di poco più di un anno da quando abbiamo pubblicato il nostro primo articolo sull’argomento (per chi volesse rileggere la nostra prima pubblicazione, è possibile l’accesso diretto cliccando QUI), abbiamo pensato di riprendere uno dei quattro esempi che allora vi abbiamo presentato e fornirvene un approfondimento. Riproporremo l’esperienza di Don Bosco con il Grigio!
Prima di cominciare, però, consentiteci di ricordare quale sia stato lo spunto che, allora come oggi, ci ha condotto ad affrontare la tematica dei fenomeni miracolosi collegati alla presenza di cani e ritrovati nell’aneddotica della vita di alcuni Santi. Ebbene, l’occasione ci è stata offerta dal racconto del Sig. Mario Ritaldi di Roma. Potrebbe essere interessante, quindi, andare a rivedere la sua video-intervista prima di continuare con la lettura (per un accesso diretto, cliccate pure QUI).
E adesso iniziamo pure con la nostra storia!
L’urna di Don Bosco ed il “cane grigio”
Il racconto che segue è frutto di quanto narrato da Don Tiburzio Lupo che, direttore della Casa salesiana di Livorno, fu testimone diretto degli eventi. Don Tiburzio è morto, ormai centenario, nel 2001 presso la Casa Madre di Torino.
Era il maggio del 1959. L’urna contenente il corpo di Don Bosco doveva viaggiare su un furgone speciale alla volta di Roma e, poi, da Roma verso Torino, il tutto in incognito, ed anche le soste obbligate, dato il lungo percorso, dovevano essere tenute completamente segrete. Don Tiburzio, però, era deciso a far fermare l’urna di Don Bosco a La Spezia, e per questo doveva convincere il confratello Don Giraudi, coordinatore del viaggio. Dopo le molte insistenze, Don Giraudi cedette alla richiesta. Le modalità della sosta sarebbero state le seguenti: a) l’urna, proveniente da Livorno, sarebbe giunta a La Spezia verso le 5:30 del 12 maggio, in forma segretissima; b) i confratelli ed i giovani del convitto avrebbero avuto il permesso di vedere Don Bosco; c) si sarebbe ripartiti nella stessa mattinata per Sampierdarena, ultima tappa prima del rientro a Torino.
Il 12 maggio Don Tiburzio ed alcuni confratelli si alzarono di buon ora, e si recarono in viale Garibaldi, di fronte alla chiesa di Nostra Signora della Neve, in attesa del sospirato arrivo dell’urna di Don Bosco. A questo punto ebbe inizio la storia del “cane grigio”.
Un cane, mezzo lupo e con il pelo di color grigio, si avvicinò a due dei confratelli in attesa, ed iniziò a gironzolare intorno a loro. Cercarono di cacciarlo via, anche usando qualche sasso, ma il cane si spostò soltanto, fermandosi dove si trovavano Don Tiburzio, Don Oliva ed una signora, che teneva un bambino per mano. Don Oliva, che stava seduto su una panchina, iniziò ad accarezzarlo ed il cane si accovacciò accanto a lui, poggiando la testa sulle sue ginocchia.
Il furgone, con tutta la scorta al seguito, finalmente arrivò, anche se con un’ora di ritardo sul programma. Don Giraudi, dopo richieste insistenti da parte di Don Tiburzio, accettò di far trasportare l’urna in chiesa, permettendone la venerazione da parte dei convenuti. Per la precisione, l’urna fu posta nel presbiterio, su di un solido tavolo, illuminata da alcuni riflettori e visibile da ogni parte della chiesa.
Poco meno di un’ora dopo, la chiesa era piena di fedeli accorsi a venerare le spoglie di Don Bosco, e le persone continuarono ad aumentare, tanto che, verso le ore 8:00, si dovette far intervenire la forza pubblica per regolare l’afflusso dei fedeli e tenere l’ordine.
Intanto, era capitato un fatto decisamente particolare. Durante la Messa delle 7:30, presieduta da Don Giraudi, qualcuno dei fedeli informò Don Tiburzio che un cane si era accovacciato sui gradini della balaustra, proprio dalla parte dell’urna, ed impediva ai fedeli di avvicinarsi ad essa. Dopo il tentativo di portarlo via di là, il cane – quel cane ricordava proprio quello visto durante l’attesa dell’arrivo dell’urna di Don Bosco – andò addirittura ad accovacciarsi sotto il tavolo sul quale poggiava l’urna. Nessuno dei presenti ebbe a lamentarsene ed il cane poté rimanersene quieto, sotto quel tavolo, per tutta la durata della Messa.
Terminata la Celebrazione, Don Tiburzio rientrò in sacrestia per accompagnare Don Giraudi a fare colazione. All’improvviso giunse quel cane che, tranquillo e scodinzolante, li seguì verso il refettorio. Don Tiburzio cercò di cacciarlo via ma Don Giraudi allora intervenne sorridendo: “Lascialo stare… Chissà che non sia il Grigio di Don Bosco!”
In refettorio il cane si accovacciò sotto il tavolo, tra i piedi di Don Giraudi, rifiutando qualsiasi cibo che gli venisse offerto: pane burrato, formaggio, salame. Tutti i presenti ne rimasero colpiti perché, se si fosse trattato di un cane randagio, non avrebbe certamente rifiutato di mangiare.
Terminata la colazione, Don Giraudi si andò a riposare, e Don Tiburzio prese, quindi, il cane per la collottola e lo portò in cortile. Lì i giovani, che avevano partecipato alla Messa di Don Giraudi e che si trovavano in ricreazione, non appena scorsero il cane gli si raccolsero attorno per accarezzarlo. Anche in questa occasione, però, il cane si rifiutò di mangiare quello che i ragazzi gli offrivano.
Suonata la campanella della scuola, il cane fu portato in portineria. Qui si accucciò mogio, mogio ed il portinaio, visto che si rifiutava di muoversi, lo lasciò lì tranquillo. Verso le 10:00, però, passò il sig. Basilio, il factotum della casa, prese il cane per la collottola e, senza tanti complimenti, lo trascinò fuori dalla struttura e chiuse la porta. Il cane, dopo quel giorno, non fu più visto.
E.A. – V.G.